INTERVENTO DEL MINISTRO NAZIONALE OFS
REMO DI PINTO

AL CORSO ASSISTENTI OFS ‐ GIFRA 2015

"Damme Speranza certa"
Assistente e assistenza: ponte di speranza


                                                                                                                                                                                                                  
Fratelli carissimi,
con   l'intenzione   di   leggerci   nel   cammino   della   Chiesa,   come   suggerito   dagli   Assistenti
nazionali,  ho  provato  a  guardare  al  lavoro  svolto  con  l'ultimo  Sinodo  sulla  famiglia,  per cogliere lo stile e gli obiettivi che emergono dal documento conclusivo e tentare un confronto con il nostro percorso, da famiglia a "famiglia".  
 
Ciò   che   mi   colpisce   maggiormente,   nonostante   alcune   fatiche   evidenti   e   l'apparente sensazione di smarrimento, è la volontà di interrogarsi, di mettere in discussione ciò che sembrava cristallizzato dietro determinati criteri. Mi sembra uno stile fondamentale per il cristianesimo, dell'ascolto di una rivelazione che è sempre nuova.
E mi piacciono i tre livelli utilizzati per la riflessione, che riassumo così cercando di applicarli a noi:
-­‐ la lettura oggettiva della propria realtà nell'oggi
-­‐ la costante ricerca di un'identità rinnovata
-­‐ la missione a partire dalla comunione 
E' un vero e proprio cammino di conversione! Un percorso che sento quanto mai necessario e attuale,      profondamente cristiano    e      francescano,      assolutamente      affascinante      e stimolante...direi vitale.
 
D'altra parte, oggi, io stesso, se penso al mio matrimonio, dopo quasi 25 anni di convivenza con mia moglie, mi accorgo che c'è stato uno sviluppo, un'evoluzione, che si è realizzata attraverso una ricerca, un frequente mettersi in profonda discussione, confronto, scontro, accompagnata da esperienze vissute nella vita mia e di mia moglie, favorite dalle figlie e/o dall'interazione col mondo che ci circonda, dalla scoperta di volti sempre nuovi e diversi di Gesù Cristo, che si è rivelato in modi e tempi diversi ma che ha permesso e continua a permettere una comunione. Ed è facile sperimentare che quando si allenta questa "piacevole tensione", si crepa velocemente l'edificio familiare, viene meno la passione e il gusto della comunione, viene meno la vita e, pur senza giungere alla separazione, può capitare di entrare in uno stato dormiente, statico, cristallizzato, che impedisce di generare, perché sappiamo bene che una famiglia è grembo chiamato a generare sempre, così come lo è ogni forma di comunione edificata in Cristo.
Un  dato  rimane  assoluto,  per  costruire  una  relazione  di  comunione  fruttuosa,  occorre  stare insieme, passare il tempo insieme; non basta valorizzae il "poco tempo" a disposizione.
 Così mi piace introdurre e pensare la nostra relazione, quella tra Assistenti e francescani secolari, chiamati ad essere speranza nella comunione e attraverso una comunione che vorrei    definire gravida, resa viva dalla stessa tensione detta prima.

Così come nel matrimonio però, è necessario che la comunione si realizzi tra persone consapevoli della loro vocazione e protese alla costante ricerca di un'identità rinnovata, che superi la prassi data dalla tradizione e si elevi oltre l'esigenza formale; diversamente, si distorce la relazione e la finalità della stessa.

Nel documento conclusivo del Sinodo sulla famiglia si legge:
Il matrimonio cristiano è una vocazione che si accoglie con un’adeguata preparazione in un itinerario di fede, con un discernimento maturo, e non va considerato solo come una tradizione culturale o un’esigenza sociale o giuridica. Pertanto occorre realizzare percorsi che accompagnino la persona e la coppia in modo che alla comunicazione dei contenuti della fede si unisca l’esperienza di vita offerta dall’intera comunità ecclesiale.

E' qui che vorrei proporvi una riflessione forse provocatoria ma altrettanto realistica riferita a noi. Per mio conto, mi riferisco all'OFS e condivido gli interrogativi che accompagnano e mettono in crisi l'attuale Consiglio nazionale.
Sulla falsa riga (ma in maniera involontaria) dei punti evidenziati dal documento finale del Sinodo sulla famiglia, ci chiediamo: chi siamo davvero? Dove stiamo andando? La nostra vocazione è vera?
E  se  fossimo  rimasti  avvinghiati  in  meccanismi  che  ci  illudono  di  conservare  solo  una struttura, come grembo sterile? E se stessimo perdendo tempo dietro una serie di prassi ormai consolidate e cristallizzate nel tempo ma oggi inefficaci? A chi parliamo? A chi offriamo questo servizio?
Credo che sia onesto leggere due posizioni distinte nell'OFS, rispetto alle quali è necessario cambiare approccio da parte dei diretti responsabili e degli Assistenti spirituali:
-­‐ quelli che hanno fatto una scelta vocazionale consapevole
-­‐ quelli che non hanno scelto consapevolmente


-­‐ quelli che hanno fatto una scelta vocazionale consapevole
per questi, che con la Professione hanno scelto di farsi discepoli e sentono il bisogno di rinnovarsi con sana inquietudine, non per rinnovare il cristianesimo ma la maniera di incarnare il Vangelo alla manera di Francesco, è necessario un itinerario che gli consenta di rimanere alla sequela di Gesù, una vita fraterna che non può rinchiudersi in incontri standard preconfezionati, di quelli che si farebbero in qualsiasi altro gruppo parrocchiale (e non lo dico per sminuire ma per evidenziare una differenza sostanziale), ma che sia realmente esperienza di vita evangelica, anche mediante modalità nuove, con la presenza di frati che non siano Padri ma fratelli, con i quali realizzare una comunione che si fa grembo gravido   capace di generare speranza...

-­‐ quelli che non hanno scelto consapevolmente
sono sante persone che si sono trovate in un gruppo che talvolta è diventato rifugio (nel senso negativo del termine), nel quale sono state accolte alla Professione con eccessiva leggerezza, talvolta perché coinvolte nel desiderio di alcuni di noi di erigere una nuova Fraternità OFS per le motivazioni più varie (facciamo attenzione se veniamo assaliti da simili desideri...  non siamo

 noi  a  "chiamare";  c'è  alla  base  una  vocazione  che  richiede  una  maturità  importante attenzione perché in certi casi abbiamo la tentazione di erigere le nostre Fraternità, come nostra proprietà mascherata da un fine santo, e poi sappiamo quello che accade quando verrà un altro a rovinare il mio lavoro).

A questi, al di là dell'applicazione formale delle norme, trovo ingiusto e poco caritatevole imporre regole, forme celebrative (Capitoli, Visite) difficilmente comprensibili, mentre ritengo possibile e doveroso offrire un accompagnamento, lo stesso che potete offrire voi, facendovi qui forse si, Padri, ma come lo fareste in qualsiasi altro gruppo, anche se identificabile dietro altre sigle o dietro altre porte delle parrocchie o dei conventi. E' in questi contesti che l'Assistente assume il ruolo di direttore, ma non sempre per un bisogno personale, quanto piuttosto -­‐    o spesso -­‐    perché sono le stesse persone a desiderare e chiedere questo tipo di figura, una guida e non un fratello (e occorre essere bravi a non cadere nel tranello).
C'è quindi una distinzione che va fatta tra una forma che potremmo dire di "accompagnamento", e un'altra di Assistenza spirituale. Sono due piani diversi di cui occorre tener conto per realizzare questo vostro servizio.

Credo infine, ma voglio solo accennarlo, che esiste un modo diverso di essere Assistente spirituale con la gioventù francescana, piuttosto che tra i francescani secolari, e non per una questione di maggior vivacità o esuberanza, quanto piuttosto per finalità e relazioni diverse, dettate dal rapporto tra due individui che hanno (o dovrebbero) aver acquisito una forma definitiva e tra due individui dei quali, uno definito nella vocazione e l'altro ancora in discernimento. Così come può cambiare l'approccio di un Assistente nei confronti di una persona nel percorso di discernimento nell'OFS e una già consapevolmente Professa.
Vi parlo quindi di un servizio che non può dirsi mai definito entro forme strutturate, statiche, rigide, determinate da un proponente secondo i propri gusti o criteri precostituiti, ma di una relazione affidata alla passione per la propria vocazione, alla capacità di entrare in relazione con l'altro, di stare con l'altro, che cambia in funzione del bene dell'altro e che, nel rapporto con i francescani secolari, deve a mio parere trovare una forma di profonda comunione e scambio reciproco che -­‐     pur mantenendo le proprie identità specifiche e il ruolo affidatoci dalla Chiesa -­‐   vi chiede di coinvolgervi con coraggio e fiducia, in una relazione che (così come per noi) potrà mettere a nudo i veri interessi personali, condividendo la vostra esistenza, accettando le fatiche, le fragilità dei laici, dei frati, e dei laici e frati insieme.

 

Non possiamo parlarci di Gesù senza vivere una comunione fraterna, affidandolo a teoremi o portarlo come una bandiera, senza provare quella che il Papa ha definito mirabilmente la "scomodità dell'altro", che è ben di più di ciò che noi definiamo servizio, e prende la vera forma della carità fraterna! Abbiamo bisogno anche di questa relazione per maturare reciprocamente la nostra vocazione, perché non saremo mai pienamente francescani, come non saremo mai pienamente cristiani, perché ogni giorno è un nuovo inizio, e senza questa tensione, è come se dicessimo: "io così sono francescano o cristiano", così come potremmo dire "io così sono Assistente", una volta per sempre, come se rifiutassimo quindi l'opera di Dio in noi, che è iniziata col Battesimo e che abbiamo responsabilmente voluto riconfermare con la Professione.  Ecco che dalla relazione vissuta "in ricerca" si genera speranza per chi è oltre noi, ecco che si concretizza la famosa "comunione vitale e reciproca".

Forse fino  a  poco  tempo  fa  vi  avrei parlato  diversamente, vi  avrei chiesto una  presenza diversa, ma oggi credo che l'urgenza consista nel vivere questo tipo di relazione e mi auguro che anche i vostri responsabili possano accogliere questo sogno, per investirci davvero, trovando il coraggio di coinvolgere i frati che si immaginano destinati a lidi più nobili, forse all'evangelizzazione, dimenticando però che c'è un'evangelizzazione che siamo chiamati a

realizzare insieme, che i francescani secolari (quelli consapevoli) non sono oggetto dell'evangelizzazione, ma soggetto evangelizzatore con cui collaborare in comunione.
Credo  che  oggi  ci  è  richiesto  di  affrontare  un  passaggio  dalla  distanza  fisica  breve  ma
assolutamente impegnativo, che misura 30/40 cm, 50 per i più alti...dalla testa al cuore.
La figura dell'Assistente deve uscire dall'idea statica per divenire dinamica, dall'istituzionalizzazione per affidarsi alla passione, per questo mi sono già espresso con i Ministri Provinciali, invitandoli a uscire dagli schemi di una relazione formale, a una più vitale che metta in campo energie contagiose.
Attenzione alle fasi di stanca, ai tempi dormienti, alle ripetitività prive di vitalità, perché possono nascondere un tranello e una tentazione profonda, quella dell'idolatria di se stessi innazitutto, del ruolo, della Fraternità, dell'Ordine, degli stessi fratelli, di un'idea di francescanesimo, del francescanesimo stesso. Benigni, nello spettacolo sui Dieci Comandamenti,  mi  ha  aiutato  a  comprendere  e  riconoscere  che  "gli  idoli  addormentano mentre il divino inquieta"...ogni volta che avverto stanchezza ormai ci penso e mi chiedo se dietro quella forma di apatia si nasconde un idolo, un potere ridimensionato, tolto, qualcosa che ho sostituito alla centralità di Cristo.

Per questo mi sento di dirvi grazie, per ogni volta che ci donate la vostra vita e accettate la scomodità della relazione; ma insieme vi dico anche: coraggio! Non vi rassegnate! Non vi conformate ad un procedere piatto, svogliato, senza entusiasmo, senza passione, senza desiderio  di  maturare  una   nuova  comprensione  della  nostra  identità  francescana,  di esprimere la conoscenza di un Cristo che ci si rivela ogni giorno un po' di più; fortificatevi nella vita spirituale, facciamolo insieme, rendiamo gravida la nostra relazione, per un sano protagonismo evangelico nella comunione.
Il nostro servizio fraterno, il vostro e il nostro, appartengono a una comune missione, non solo per il bene dell'altro, come solitamente siamo portati a intendere la comunione vitale reciproca, ma piuttosto come scoperta del comune bene per il bene comune.
Speranza è espressione del nostro servizio fraterno nella comunione. E siamo vitali quando realizziamo la nostra missione, che è per entrambi rendere presente il vangelo di Cristo alla maniera di Francesco.

Vi dico di nuovo che vale la pena oggi provare a rileggere tutto, rimettere tutto in discussione, avere il coraggio di ribaltare. E se stessimo investendo energie nel mantenere un OFS che si sostiene su regole e leggi ma è privo di slancio evangelico? Grazie a Dio sappiamo che non è tutto così, ma occorre rimettere a fuoco l'obiettivo fondamentale.

Il nostro impegno è rivolto a un "OFS che non c'è", come dimensione sempre in divenire, per il quale (consapevoli che solo chi investe con coraggio genera vita nuova) vogliamo investire tutto sulla missione, a partire dall'equazione OFS = EPM (Evangelizzazione e presenza nel mondo), che cercheremo di sviluppare attraverso progetti di evangelizzazione da proporre alle regioni, innanzitutto per educarci a questa forma, per acquisire la consapevolezza che esistiamo per questo, che l'OFS esiste per questo nella Chiesa, allontanando la tremenda e sterile tentazione di continuare a governare un corpo già disteso in terra, di spendere denari per acquistare olii profumati da utilizzare sul corpo morto, come idolo da adorare in attesa di una vita nuova che non può venire, piuttosto che su corpi vivi, per profumare e far generare.

Allora, insieme allo sviluppo di progetti a livello nazionale, come quello che sta per partire in Calabria con l'invio di volontari in una tendopoli che accoglie extracomunitari, a quello che ci auguriamo di far partire nelle periferie delle città per forme di pastorale familiare insieme alle Chiese locali o più lontano in Terra Santa, così come con la missione ad gentes che si è avviata e prosegue in Cile con una nostra famiglia e tanti altri progetti già vivi e altri da avviare, che ci auguriamo di far divenire "seme" per tutta la Fraternità nazionale, vorremmo approfittare dei prossimi mesi per prepararci a un "Anno della Missione", come fosse una missione nazionale al popolo, che vorremmo indire nel 2016 dopo aver proposto e condiviso il progetto con i responsabili regionali e la GiFra.
Vogliamo "uscire", innanzitutto per aiutarci ad acquisire questa forma evangelica e proporci come porzione di Chiesa in cammino, seppur storpia e affaticata, ma certamente però appassionata, con quelli che saremo...tra i quali però, voi! Abbiamo bisogno di voi per essere insieme, nella comunione, segno di speranza!

Concludo tornando all'immagine di famiglia, guardando a Giuseppe e Maria, che ho trovato come  modelli  illuminanti  per  questa  mia  riflessione  riferita  al  rapporto  tra  francescani secolari e Assistenti. C'è una missione affidata a entrambi, una speranza che si realizza col contributo di tutti e due, a ciascuno dei quali è stata riservata un'annunciazione, come fu per Maria e Giuseppe. Credo che laici e frati dovrebbero vicendevolmente assumere per l'altro il ruolo di san Giuseppe: accompagnare, sostenere, favorire la realizzazione della vocazione personale mentre si realizza la vocazione familiare. Per farlo occorre abbattere i propri progetti e le aspettative personali, ribaltare le strutture acquisite e trovare il coraggio di puntare tutto sulla fragilità di una creatura, così come dice don Tonino Bello, che prosegue con queste parole: "Maria ha avuto più fede, ma Giuseppe più speranza"...ecco questa è la speranza, che genera amore, carità, per completare la preghiera di Francesco: "damme speranza certa...e carità perfetta"!

remo di pinto